“Quando è arrivata la diagnosi è stato come morire. Non ci è stata data alcuna speranza, nessuna soluzione”. Sono passati 36 anni da quando è stata diagnosticata la grave disabilità di Federico ma il ricordo di una madre resta vivo, “come fosse accaduto ieri”. Così come è lucido, impeccabile, il racconto delle tappe che hanno infranto l’incantesimo della famiglia Castorina, di Chantal e del marito Mimmo, per lasciare posto all’incertezza e all’incubo di qualcosa che difficilmente si può immaginare.
Federico è nato prematuro, pesava poco più di un kg ed è rimasto per 77 giorni in incubatrice in terapia neonatale intensiva. Tutte le visite seguenti e i valori dei controlli successivi erano stati positivi e nella norma. Eppure Chantal notava delle differenze rispetto agli altri bambini che aveva seguito come babysitter: aveva grosse difficoltà, a 6 mesi non riusciva ancora a stare seduto, non afferrava e teneva gli oggetti in mano.
Da qui le prime visite alla ricerca di una spiegazione e insieme a queste, purtroppo, anche scarsa sensibilità. “Un trattamento orrido”, ricorda ancora Chantal, citando alla lettera le frasi e le sentenze brucianti dei primi medici a cui si è rivolta la famiglia Castorina, fino alla TAC che aveva riconosciuto il “disastro”, l’atrofia cerebrale e l’alto grado di paralisi e ritardo emotivo del piccolo. “Nessuno dei medici di allora ha avuto la sensibilità e l’umanità adeguate per comunicarci la tragedia che ci era capitata ma soprattutto nessuno ci ha dato una speranza rispetto a modalità di cura, trattamenti o possibilità di migliorare la sua condizione”. Di fronte a una condanna del genere all’epoca alcune famiglie si arrendevano, facendo perdere alla propria creatura tante occasioni di recupero. Altre no. Come la famiglia Castorina.
Le problematiche di Federico hanno spronato ancora di più Mimmo Castorina, pubblicitario innamoratissimo della sua professione e della sua famiglia allargata, che si è concentrato ancora di più sul lavoro per raggiungere una posizione dirigenziale e con essa tutele assicurative e pensionistiche che potessero garantire a Federico le migliori cure possibili. Chantal di contro si è concentrata su Federico, sulla ricerca di cure mediche e possibilità di cura, sull’aspetto terapeutico e creativo, senza mai arrendersi. E così che Federico ha potuto viaggiare per sperimentare trattamenti all’epoca innovativi: “A 13 anni Federico è stato negli Stati Uniti, da un chirurgo specializzato per l’allungamento dei tendini che all’epoca in Italia non era ancora così comune. Siamo stati in Russia. Abbiamo fatto anni di fisioterapia e tanti altri trattamenti – continua Chantal – . E io sono sicura che se Federico oggi è così è perché un po’ di ogni cosa è servita”.
Le famiglie che affrontano oggi la diagnosi di questo tenore possono contare su una maggiore consapevolezza medica e sensibilità ma ciò che probabilmente non cambia è la sensazione di smarrimento e incredulità: “Un dolore incredibile che i genitori devono affrontare e assorbire. E’ stato in quel momento che ho capito che avevo solo due alternative: o piangere tutta la vita o attivarmi e cercare di migliorare le cose. Per ottenere dei miglioramenti per Federico in primo luogo ma anche per trovare un senso a quello che ci era capitato e con questo anche una sorta di “terapia” per tutta la famiglia, un modo per non affondare nel dolore”. Chantal e Mimmo non si sono mai arresi e hanno affrontato la sfida quotidiana della grave disabilità di Federico, durante l’infanzia e l’adolescenza fino all’età adulta. Con il passare degli anni i viaggi in giro per il mondo si sono diradati e altre priorità hanno preso il sopravvento, in primo luogo l’autonomia di Federico e il suo futuro: “L’ansia del “dopo” è diventata più pressante – riconosce Chantal – l’urgenza di trovare una soluzione che possa garantire a proprio figlio un futuro sereno con le tutele, l’assistenza e le cure che necessita una persona con bisogni speciali”.
Da qui è nata l’idea di una residenza che potesse accogliere Federico e altre persone con disabilità grave e gravissima. Da qui le prime consultazioni per dar vita a un progetto importante insieme a medici e professionisti conosciuti presso il DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) dell’Ospedale San Paolo di Milano, che hanno accolto la sfida di affrontare in modo nuovo la visione della disabilità grave e hanno messo in campo le loro competenze per un presente e un futuro migliore per tutte le persone con disabilità, ideando un centro residenziale innovativo. “Non un luogo chiuso, impermeabile al mondo e alla vita, dove spesso le persone in queste condizioni vengono lasciate – spiega Chantal – . Il sogno che abbiamo condiviso è quello di una residenzialità capace di integrare anche Ricerca e Formazione. Un luogo capace di accogliere e far convivere in sinergia virtuosa questi tre obiettivi garantendo a tutti, agli ospiti e alle famiglie in primo luogo, una quotidianità piena di vita, piena di idee e stimoli, così come un miglioramento costante”. Nel 2001 Mimmo Castorina si è però purtroppo ammalato ed è mancato, lasciando Chantal sola con Federico e con i timori del futuro. E’ stato così che nel 2007 si è pensato di dedicare a lui la nascente fondazione che, oggi più che mai, lavora per dare vita a questo sogno immenso e garantire a tante persone con disabilità un futuro sereno, un supporto e un sostegno a tutte le famiglie che vivono la disabilità, in particolare alle più giovani, perché non debbano affrontare tutte le fatiche e le difficoltà che altre famiglie prima di loro hanno affrontato.