Fare impresa nella dimensione sociale

7 Ott 2016 | News, Progetto Carrozzina Seat Way

Luce sulla terra di mezzo, là dove impresa e sociale si incontrano, producendo valore sociale. Siamo intervenuti all’incontro “Fare impresa nella dimensione sociale” promosso da Mission Continuity, per presentare Friendly Srl, la società di capitali a cui Fondazione Mantovani Castorina Onlus prende parte con lo scopo di investire gli utili in progetti sociali e creare ausili di domotica per le persone con disabilità.

In Italia si fa sempre più impresa nella dimensione sociale, ma anche viceversa. Padrone di casa l’imprenditore iraniano Ali Reza Arabnia della Geico Taiki-sha di Cinisello Balsamo, azienda che opera nella realizzazione e progettazione di impianti automatizzati per la verniciatura delle scocche automobilistiche, in grado di uscire da una grave crisi e rilanciare l’attività dando vita anche a una fondazione -Pardis- che finanzia progetti di startup per i giovani della Brianza.

“E’ un dovere per i giovani imprenditori far crescere le aziende nella dimensione sociale: la cultura di impresa non può più prescindere da questa logica” ha affermato Mattia Macellari, presidente del Gruppo Giovani imprenditori di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, da sempre impegnato sui temi della responsabilità sociale di impresa.

A dialogo le esperienze sociali – per forma o per missione- che hanno mostrato uno spaccato, spesso nascosto dietro le quinte dell’operatività quotidiana, del produrre valore sociale realizzando concretamente progetti che generano valore per la società.

“Le forme sono diverse e tutte possibili” ha ricordato Paola Palmerini, fondatrice di Mission Continuity e presidente di Confassociazioni Terzo Settore, introducendo la carrellata di esperienze. Ad aprire Giuseppe Dalmasso cha ha presentato Friendly Srl “la società di capitali che investe gli utili in progetti sociali creando ausili di domotica ritagliati sui bisogni della persona disabile, mettendo a fattor comune capacità ideative e innovative”.

La parola è passata poi alla start-up a vocazione sociale Human’s Garden, che attraverso un processo di coltivazione in acqua ponica ha recuperato un terreno abbandonato e reso utile per tutti ciò che prima era inutile. Sono stati quindi presentati progetti nati per rispondere a bisogni di malati rari che avvicinano le imprese nella logica dell’innovazione, come quello di AICH Milano Onlus realizzato grazie all’esperienza di Mission Continuity, “…ma così è la vita!” che mira ad aumentare la qualità della vita delle persone affette da Malattia di Huntington, attraverso il design for all e la progettazione partecipata di oggetti utili per la gestione della vita quotidiana di malati e caregiver. E’ seguita Right Hub, una B Corp, una società benefit che si occupa di Social Procurement, affiancando le imprese profit e le organizzazioni non profit per costruire un modo responsabile di acquistare beni e servizi da cooperative e imprese sociali. E, ancora, progetti di inserimento lavorativo di giovani, come quello di Fondazione Pardis, che mira a far crescere i talenti all’interno delle aziende, supportando la fase di training, e di cui è testimone Sme.Up. Spa, che ha partecipato al progetto e che ha toccato con mano quanto sia importante ridefinire il proprio impegno sociale, anche occupandosi dei giovani del proprio territorio e facendo fruttare le loro competenze.

Ci si è quindi soffermati sulla finanza che assume un’importanza cruciale soprattutto quando le dimensioni si fanno importanti. A supportare esperienze di questo genere ci sono strumenti di finanza sociale, come quelli illustrati da Andrea Cingoli, amministratore delegato di Banca Esperia, che ha posto l’accento su come sia sempre più importante, per il grande donatore, avere una chiarezza dell’impatto dei progetti sociali in cui investe. Tema, questo, ripreso anche da Human Foundation, che dal 2013 lavora alla Social Impact Agenda per l’Italia, poiché il mondo della filantropia sempre più si sta focalizzando sulla sostenibilità economica delle iniziative sociali e dove quindi la misurazione delle ricadute diventa sempre più un indicatore di performance e, di conseguenza, di merito.

Dalle esperienze condivise durante la giornata “emerge un terzo settore imprenditoriale, presente nella sua accezione volontaristica e nella sua declinazione associativa, che grazie alla riforma del terzo settore può prendere forma” ha chiosato Flaviano Zandonai di Iris Network “ora che il mix tra economia e sociale è sempre più diffuso, dove le due accezioni non si escludono ma si incorporano”.

La commistione tra profit e non profit, le partnership tra questi due mondi come il risultato di un incontro di intenti, di una comunanza di interessi, che vanno condivisi, e che “devono solo incrociarsi a metà del ponte, costruendo una relazione che mette in contatto necessità, esigenze e visioni che sempre più vanno nella stessa direzione” ha detto Federica Zappalaglio parlando dell’approccio di Mission Continuity. Zappalaglio ha preso le parole di Zygmunt Bauman per chiudere: “un ponte è il luogo privilegiato di incontro fra identità. E’ il primo passo per superare il fossato, abbattendo i muri delle categorie e delle certezze, e costruire un mondo di “differenze allacciate”

“Stare sul ponte e guardare chi si incontra, costruirlo progettandolo nel dettaglio dalle sue fondamenta, osservare l’orizzonte e identificare le possibilità future e le esigenze attuali: sono questi i passi necessari per fare impresa nella dimensione sociale, ma anche per far emergere le qualità imprenditoriali delle organizzazioni che di sociale si occupano, da sempre”.