Qualità di vita di bambini e adolescenti con disabilità multipla

26 Set 2016 | News, Ricerca

enablin-logo1Sabato 24 settembre presso l’aula magna dell’Università Milano Bicocca si è tenuta la conferenza “Promuovere la qualità di vita di bambini e adolescenti con disabilità multipla e bisogni complessi di assistenza e cura: dalla teoria alla pratica“, organizzato da Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus con il patrocinio di Regione Lombardia, dell’Università degli Studi Milano Bicocca, della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa. A questo link il programma.

In questa occasione sono stati presentati i risultati del Progetto ENABLIN+. Inserito nel “Programma Leonardo per l’Apprendimento permanente”, promosso dalla Commissione Europea per il triennio 2014-2016, questo progetto si prefigge lo scopo di sviluppare sistemi di servizi interdisciplinari di formazione professionale di professionisti e genitori di bambini con gravi disabilità multiple, per migliorare l’inclusione, la comunicazione, la gestione del comportamento, l’attivazione e l’apprendimento e il supporto alle attività della vita quotidiana. Le realtà coinvolte riguardano complessivamente sette Stati dell’Unione Europea: oltre alla Fondazione Don Gnocchi per l’Italia, Enablin+ si sviluppa attraverso realtà analoghe in Belgio, Olanda, Francia, Romania, Bulgaria e Portogallo.

Anche Fondazione Mantovani Castorina con DAMA ha preso parte a questo importante appuntamento. ” Il convegno ha offerto una preziosa occasione di confronto tra tante esperienze in Europa, in diversi ambiti disciplinari, riguardanti la cura, l’accoglienza, la formazione e la ricerca. Un vero concerto di idee e di attività che se riuscissero ad integrarsi potrebbero rappresentare un punto di svolta nel percorso di inclusione dei bambini e delle persone con grave disabilità”, ha commentato  Filippo Ghelma, vicepresidente di Fondazione Mantovani Castorina e direttore di DAMA, che nel pomeriggio  ha aperto la sessione di interventi dedicata al tema del “Benessere fisico e salute”, presentando i risultati di 16 anni di attività di accoglienza medica alla grave disabilità intellettiva e neuromotoria presso l’ospedale San Paolo di Milano e sottolineando la necessità di immaginare e realizzare modelli di inclusione più moderni e innovativi, cercando risposte a tutto campo, non rigidamente limitate a compartimenti impermeabili e che non comunicano tra loro.

Ecco l’intervento integrale del prof. Filippo Ghelma:

L’accoglienza medica alla grave disabilità in ospedale

Per una persona con grave disabilità affrontare l’ospedale spesso rappresenta una difficoltà difficilmente superabile.
I percorsi ospedalieri sono stati costruiti pensando alle caratteristiche di persone ordinarie. Questo modello è difficilmente conciliabile con le peculiarità, a volte molto bizzarre e inconsuete, di questi pazienti. Condizioni cliniche spesso complesse sono accompagnate da abitudini comportamentali con cui la famiglia impara a vivere e attraverso le quali costruisce i gesti quotidiani, creando un mondo unico ed estremamente personalizzato. Le difficoltà di comunicazione inoltre rendono particolarmente difficile il momento in cui insorge un problema sanitario: non c’è descrizione dei sintomi, l’insorgenza di novità su un quadro di base già complesso è molto difficile da interpretare, la diversa risposta soggettiva a sintomi comuni rendono difficile individuarli e pesarne l’entità, essendo completamente imprevedibile (talvolta anche “esplosiva”) la reazione comportamentale. I medici che abitualmente lavorano con pazienti in età evolutiva sono abituati ad ascoltare i genitori per raccogliere elementi utili alle decisioni cliniche, ma in tutti gli altri casi il care giver o il famigliare tendono ad essere esclusi dai percorsi clinici.
L’unico modo per gestire le problematiche cliniche legate alla condizione di base e alle malattie comuni che si sovrappongono a questa è riuscire a mantenere la visione d’insieme: l’approccio multidisciplinare ed interdisciplinare è l’unico modo per immaginare una presa in carico globale. Questa richiede una continuità che può essere garantita solo da una “regia” che progetti e coordini tutte le attività cliniche necessarie, che sappia smussare rigidità di qualsiasi natura (organizzativa, burocratica, comunicativa) eventualmente presenti, che sappia perciò rendere efficace, proporzionato, sostenibile e realmente percorribile l’intervento sanitario e socio-sanitario.
Sono ormai passati 16 anni da quando, all’ospedale San Paolo di Milano, è nato il Progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) per dare risposta ai problemi di salute delle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria. Il modello organizzativo di DAMA ha ricalcato questi principi di risposta ragionata multidisciplinare, coordinata da un team che riesce a garantire la necessaria flessibilità per trovare la migliore risposta caso per caso, considerando tutti gli aspetti. Il successo del modello organizzativo ha permesso la presa in carico di più di 5.500 persone con grave disabilità, con la realizzazione di circa 50.000 accessi ospedalieri complessi.
Indipendentemente dai risultati, la vera sfida è di strutturare gli adattamenti organizzativi per sostenere il continuo aumento di richieste. L’unica via per consolidare il cambiamento iniziato con DAMA, e proseguito con la Fondazione Mantovani Castorina onlus che lo affianca, è la diffusione del modello ad altre realtà ospedaliere e la sua estensione al territorio, considerando anche agli aspetti sociosanitari e tutti gli aspetti della vita (la residenzialità, gli aspetti normativi, architettonici, ecc). La sfida passa necessariamente attraverso un cambiamento culturale, che non può prescindere da adeguamenti nei percorsi formativi di tutte le figure coinvolte nei percorsi di vita delle persone con grave disabilità (non solo figure sanitarie), dallo sviluppo della ricerca in questo ambito, dalla nascita di modelli più moderni ed innovativi di inclusione ed integrazione delle persone con grave disabilità e delle loro famiglie, cercando risposte a tutto campo e non rigidamente limitate a compartimenti impermeabili e che non comunicano.