Rete nazionale dei DAMA per il benessere delle persone con grave disabilità

26 Ott 2017 | Formazione, News

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Una rete nazionale per rispondere alle esigenze di salute delle persone con disabilità, in ospedale e non. Parte da Milano e si estende a tutta Italia il progetto di una nuova Rete nazionale dei DAMA, Disabled Advanced Medical Assistance, servizi ospedalieri strutturati per accogliere i pazienti con grave disabilità, con difficoltà di comunicazione o incapaci di collaborare ad esami clinici e strumentali. Il progetto è stato annunciato venerdì 6 ottobre nel corso del convegno “Oltre il progetto DAMA. Da una rete nazionale degli ospedali per la disabilità a un nuovo approccio culturale al benessere delle persone con disabilità, organizzato presso Palazzo Lombardia a Milano, da Fondazione Mantovani Castorina, in collaborazione con l’Assessorato al Welfare di Regione Lombardia e ASST Santi Paolo e Carlo e con il Patrocinio del Comune di Milano.

Apripista è stato il progetto DAMA, nato nel 2001 presso l’Ospedale San Paolo di Milano, in risposta alle istanze di famiglie con persone con disabilità che avvertivano la difficoltà della struttura ospedaliera nel garantire un’assistenza pari a quella offerta alle persone senza disabilità. Con 5.712 pazienti presi in carico, 53.568 prestazioni e interventi ospedalieri, il modello di accoglienza e di assistenza medica, ha promosso negli anni altre esperienze affini: il Percorso DELFINO – DAMA Mantova, DAMA Varese, DAMA Bologna, DAMA Empoli, DAMA Bolzano, DAMA Cosenza 1 e 2, più una serie di altre sperimentazioni in altri presidi ospedalieri. Da questa prima rete “di fatto” parte il progetto di una nuova rete ospedaliera DAMA nazionale, per il benessere delle persone con grave disabilità, che metta in comune buone prassi e procedure, da estendere al territorio, creando percorsi di continuità socio-assistenziale strutturati in hub ospedalieri, presidi e servizi territoriali, includendo tutti gli ambiti che concorrono nel definire la qualità di vita di ciascuno: quotidianità, lavoro, cultura, residenza. Perché la salute non è semplicemente mancanza di malattia, ma un concetto positivo che mette in gioco risorse individuali, fisiche, mentali e sociali in sinergia con l’ambiente e la collettività.

Il gruppo di lavoro presenterà al Ministero della Salute un documento che codifichi un modello con protocolli e procedure omogenee a livello nazionale, partendo da best practice e know how di questi anni per garantire, attraverso la concretezza del lavorare in rete, un reale cambiamento culturale e operativo. Partecipano a questo primo gruppo di lavoro dodici rappresentanti dei DAMA nazionali – Filippo Ghelma e Massimo Corona, DAMA ASST Santi Paolo e Carlo Milano, Anna Maria Baietti, Ospedale Bellaria Bologna, Pierpaolo Parogni, ospedale Carlo Poma di Mantova, Marino Lupi, Autismo Toscana Onlus, Flavio Girardi, ospedale di Bolzano, Simona Loizzo, DAMA Cosenza, Sabrina Perazzoli, DAMA ASST Sette Laghi, Varese, Eluisa Lo Presti, DAMA Empoli, Nicola Panocchia, Fondazione Policlinico Gemelli, e Comitato Scientifico “Carta dei Diritti delle persone con disabilità in ospedale” e Francesco Manfredi, Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari

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“Una rete regionale e nazionale è ormai una necessità ineludibile per riuscire a rispondere alla pressione crescente di richieste – ha introdotto Filippo Ghelma, dirigente medico responsabile SSD DAMA – ASST Santi Paolo e Carlo – . L’estensione a livello nazionale di principi comuni e la condivisione di un protocollo di azione e dei risultati di ricerca permetterà di garantire su tutto il territorio nazionale il diritto alla salute per le persone con disabilità, oggi non ancora così scontato anche in un Paese come il nostro. L’obiettivo è allargare la rete, coinvolgendo le attività più piccole che possono diventare avamposti e uscendo dall’ospedale perché non possiamo pensare di curare queste persone solo dal punto di vista medico”.

“Anche per le persone con disabilità la salute non è essenzialmente un percorso di malattia ma è un percorso di vita. Per questo è fondamentale lavorare su ciò che avviene prima e dopo aver superato le porte dell’ospedale e prendere in considerazione tutti i temi che influiscono sulla qualità di vita di queste persone – lavoro, sport, residenza, autonomia  – senza trascurare la formazione e la ricerca”, ha sottolineato Angelo Mantovani, direttore di Fondazione Mantovani Castorina, ente promotore del convegno, nato nel 2008 dall’incontro di un alcune famiglie con figli con disabilità grave e un gruppo di medici di DAMA, intenzionati a cambiare il concetto di inclusione.

“Il progetto DAMA – ha spiegato Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia – rappresenta uno straordinario esempio di presa in carico delle persone con disabilità a livello ospedaliero e una risposta concreta alle loro necessità. Sono molto orgoglioso che anche in questo caso Regione Lombardia abbia fatto da apripista avviando, prima in Italia, nel 2001 l’esperienza del progetto DAMA all’interno dell’Ospedale San Paolo di Milano, cui è seguita la creazione di una rete a livello nazionale. Uno di pilastri della riforma del nostro sistema sociosanitario è proprio il prendersi cura dei pazienti in maniera globale. Stiamo costruendo sul territorio percorsi di presa in carico e di continuità assistenziale che ci aiuteranno a garantire un’adeguata assistenza sociosanitaria a tutte le persone fragili, incluse le persone con disabilità”.

“La nuova riforma del sistema sociosanitario lombardo rivede il rapporto tra ospedale e territorio con la presa in carico del paziente cronico e fragile – ha chiosato Daniela Malnis, direttrice Socio-sanitaria ASST Santi Paolo e Carlo Milano – . Malattie o condizioni di cronicità hanno la necessità di avere un momento di soluzione di un evento in ospedale ma poi devono essere pensate in continuità con gli atri aspetti della vita quotidiana. La presa in carico, sia per il malato cronico che per le persone con disabilità, presenta aspetti molto simili ma anche peculiarità come, per esempio, lavorare con il paziente disabile e la sua famiglia per realizzare progetti di vita”.

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